Insegnamento
Cosa possiamo fare per ricreare in classe le condizioni che facilitano l’apprendimento della L2 in contesti naturali?
Una possibile soluzione consiste nell’utilizzare attività che abbiano come obiettivo principale la trasmissione di significati. È questa l’idea di fondo della cosiddetta didattica per task, dall’inglese Task Based Language Teaching. Tale approccio si basa appunto sull’idea che l’apprendimento linguistico avvenga più facilmente quando gli apprendenti sono coinvolti in interazioni autentiche (cioè finalizzate al raggiungimento di un obiettivo extralinguistico), sono esposti a un input comprensibile e hanno opportunità di negoziazione del significato. L’insegnante poi accompagna gli apprendenti nella focalizzazione sulle forme necessarie per realizzare efficacemente il compito comunicativo.
Come si usano i task in classe?
Per sfruttare appieno le potenzialità di apprendimento di un task didattico è essenziale svilupparvi intorno una unità didattica. Il task è per l’insegnante semplicemente un modo per mettere gli studenti in contatto con la lingua, rimane essenziale però il ruolo di regista e guida nell’apprendimento. Per questo il task deve essere accompagnato da una fase di preparazione e una fase di riflessione. Vediamo in dettaglio le fasi di una unità didattica task-based.
In un primo momento gli studenti si preparano al task con l’aiuto dell’insegnante. Vengono presentate le istruzioni per il compito e si svolgono attività che consentono agli alunni di richiamare elementi lessicali utili alla realizzazione del compito stesso. Questa fase ha una durata variabile: è l’insegnante a valutare di volta in volta di quanta preparazione abbiano bisogno gli studenti.
Segue il ciclo del task. Gli apprendenti, a coppie o a piccoli gruppi, svolgono il task che, come abbiamo accennato precedentemente, consiste in un compito che richiede di usare la lingua per il raggiungimento di un obiettivo extralinguistico. Può essere realizzato in forma orale o anche con l’ausilio della scrittura e può prevedere lo svolgimento di attività di vario tipo, come confrontare, classificare, mettere in ordine, organizzare, esprimere opinioni ecc. Mentre gli studenti sono impegnati nel task, l’insegnante passa tra i gruppi, osserva il lavoro e fornisce aiuto in caso di necessità. Concluso il compito, ogni gruppo si organizza per riferire agli altri l’esito del proprio lavoro, preparando il report e nominando un portavoce. Anche in questa fase l’insegnante offre il proprio supporto, se necessario, dopodiché organizza i turni di presentazione e commenta insieme alla classe i report dei vari gruppi.
Il ciclo del task è seguito dalla focalizzazione sulla lingua. È questa la fase in cui effettivamente “si fa grammatica”. In un primo momento l’insegnante guida gli apprendenti all’analisi di ciò che hanno prodotto durante il task, richiamando l’attenzione soprattutto sugli elementi grammaticali e lessicali che sono funzionali allo svolgimento di quel particolare compito. Propone quindi attività di pratica – dapprima più guidate poi sempre più libere – che inducono gli alunni a esercitarsi sulle strutture e sulle parole su cui si è precedentemente concentrato il lavoro di analisi. Le attività di pratica sono costituite da tradizionali esercizi: completamenti, trasformazioni, produzioni guidate ecc. In questa fase l’insegnante può anche offrire agli apprendenti informazioni metalinguistiche, per esempio invitando gli alunni a ricostruire insieme, induttivamente, una o più regole, oppure guidandoli all’uso del libro di grammatica.
Che differenza c’è tra l’approccio comunicativo e la didattica per task?
Secondo un modo di procedere ampiamente diffuso nella didattica comunicativa, che Lightbown / Spada (2006) sintetizzano nell’espressione get it right from the beginning, l’insegnante di norma seleziona, sulla base di un sillabo, le strutture linguistiche che intende sottoporre agli apprendenti e poi le insegna adottando la sequenza Presentazione, Pratica, Produzione. Nella prima fase l’insegnante presenta una struttura linguistica in un contesto che aiuta a chiarirne il significato; la presentazione è fatta solitamente di frasi, testi o dialoghi contenenti diversi esempi della struttura da apprendere. Nella fase di Pratica, gli studenti utilizzano la struttura appena presentata in attività controllate; per esempio, ripetono frasi o dialoghi oppure svolgono esercizi quali cloze, drills, abbinamento di frasi o domande, finché non producono la forma in modo accurato. Alla fine, nella fase di Produzione, gli studenti utilizzano la struttura in contesti comunicativi, come role-play, simulazioni o altri compiti comunicativi.
Quello che propone la didattica per task è un approccio che in parte ribalta la sequenza appena vista: Lightbown / Spada (2006) utilizzano infatti l’espressione get it right in the end per sintetizzare questo diverso modo di intendere la didattica comunicativa e la riflessione grammaticale al suo interno. Utilizzando come stimolo iniziale dei task, l’insegnante offre agli apprendenti occasioni per un uso comunicativamente autentico della lingua. Dovendo produrre lingua per raggiungere un reale obiettivo comunicativo (lo svolgimento del compito) e senza l’obbligo di impiegare determinate strutture grammaticali, gli alunni si sforzano di utilizzare tutte le risorse linguistiche a loro disposizione, esattamente come gli apprendenti spontanei che vogliono prima di tutto trasmettere un messaggio all’interlocutore, indipendentemente dalle forme usate e dal livello di accuratezza. Inoltre, poiché buona parte del lavoro per task si svolge nei gruppi, le possibilità di usare la lingua sono molto maggiori rispetto a quando la comunicazione avviene prevalentemente tra i numerosi studenti e l’unico insegnante. Anche i contesti d’uso variano significativamente: secondo il tipo di task proposto sarà necessario che gli alunni si sforzino di utilizzare la lingua per compiere attività anche molto diverse.
Nel corso delle attività gli apprendenti sono inevitabilmente portati a focalizzare l’attenzione su alcuni aspetti linguistici. Per esempio, devono chiedersi “qual è il modo migliore per dire questa cosa?”, o “qual è la parola per X?”, oppure “dovrei usare il condizionale qui?” ecc. Quando questo accade, gli apprendenti non stanno riflettendo su strutture presentate dall’insegnante, ma sulla lingua più in generale, e sono costretti ad attivare il loro repertorio linguistico alla ricerca delle strutture più funzionali allo svolgimento del compito comunicativo. È quindi più facile per loro notare la mancanza di una forma linguistica di cui avrebbero bisogno per veicolare un certo significato: la loro attenzione ai fenomeni linguistici ne risulta necessariamente accentuata. Concluso lo svolgimento del task, in un momento specificamente dedicato alla riflessione sulla lingua, l’insegnante guida gli apprendenti in ulteriori attività di focalizzazione sulla forma, facendo osservare determinate strutture utili a una realizzazione più efficace del compito comunicativo e stimolando gli apprendenti a reimpiegare in diversi contesti le strutture obiettivo. La focalizzazione sulla lingua che segue il ciclo del task garantisce dunque quell’attenzione alla forma che, assente o quasi nell’acquisizione spontanea, favorisce lo sviluppo dell’accuratezza. Ciò avviene con un duplice vantaggio rispetto al tradizionale modello PPP: in primo luogo, gli apprendenti riflettono sulle forme dopo averle usate, o aver provato a usarle, durante il task, pertanto con un’attenzione inevitabilmente maggiore di quella solitamente riservata dagli alunni alla presentazione di una nuova struttura in un contesto PPP; in secondo luogo, le strutture su cui si concentra la focalizzazione linguistica sono quelle per cui gli apprendenti risultano pronti dal punto di vista dell’evoluzione dell’interlingua, giacché sono quelle che loro stessi hanno cercato di utilizzare durante lo svolgimento del task.
Un approccio per task ha dunque il vantaggio, da un lato di rendere possibile l’attivazione in classe delle condizioni necessarie perché avvenga l’apprendimento linguistico, dall’altro permette un certo controllo dell’attività da parte dell’insegnante, che potrà quindi prima attraverso il task offrire agli studenti occasioni per un uso comunicativo della lingua, e successivamente guidare gli apprendenti a osservare aspetti linguistici utili a una più efficace realizzazione del compito, stimolando l’attenzione alla forma.